Chiesa san lorenzo
IN ALLESTIMENTO
CHIESA DI S. ROCCO
di Don Fiorente Castagnedi
« La chiesa dedicata a S. Rocco, nel borgo Bassano, fu eretta verso la fine del XV secolo, quando per lo spavento della peste bubbonica, i fedeli si raccomandavano a questo Santo, che era venuto in Italia per soccorrere gli appestati. Pare che dapprima avessero eretta una semplice Cappella, del qual tempo e appunto l'affresco della immagine del Santo, che ancor si conserva, più tardi fu ampliata ed alzata, come ce lo dice la data 1521, dipinta in alto sotto la gronda a mezzogiorno. Si formò una pia Congregazione di devoti, detta Scuola di S. Rocco, che presto diveniva ricca per molte donazioni, e possedeva i terreni che circondavano la Chiesa. Questa Scuola fece dipingere la tela dal celebre Francesco Morone, collocata sopra il suo altare il 24 marzo 1529.
In una seconda Cappella, dedicata a S. Anna, vi ha una pala colla Vergine che lava il suo bambino, mentre S. Giovannino versa l'acqua, e S Anna tiene spiegato un drappo per asciugarlo: è stimata copia della scuola di Giulio Romano; il cui originale è nella R. Galleria di Dresda.
Questa Chiesa fu, pochi anni or sono, restaurata con disegno dell'Ab. Angelo Gottardi. Si voltò la facciata a mattina, e si abbassò il pavimento.
Nell'attiguo Cimitero, si sotterrarono i morti fino al tempo del colera 1836. Vi erano tombe anche in Chiesa, e nel 1823 vi fu sepolto l'arciprete Gaetano Cortese.
Il Cimitero di S. Rocco nel borgo Bassano di Soave fu chiuso colla penstilenza del 1630, ed i defunti vennero poi sepolti nelle chiese, ed intorno ad esse sino alla legge napoleonica. L'anno 1819 si tornò a seppellire in quello di S. Rocco, ricoprendo con nuova terra. L’ultima tumulazione e costruendovi una cella mortuaria. A memoria di ciò il Cortesi fece queste due iscrizioni. Col tempo, andarono distrutte la cella, e le iscrizioni.
Nell'anno 1890, nel restauro di questa Chiesa, troncata la cappella maggiore, voltata a mattina la facciata, ed abbassato il pavimento, fu trasportata la cassa del Parroco Cortesi dinanzi al nuovo presbiterio, il suo corpo fu trovato quasi intatto, nella cassa stessa si chiuse una bottiglia di grosso cristallo suggellativi dentro una pergamena indicante il trasporto fatto » da “Iscrizioni del Comune di Soave” di Don Fiorente Castagnedi.
Vedi Epigrafi Lettere e poesie di A. Casari, G. Cortese e B Dal Bene - Verona. Stabilimento Tipo-Lit G. Franchini 1906
VEDI LA CHIESA DI SAN ROCCO PRIMA DELLA TRASFORMAZIONE IN AUDITORIUM
Pianta della Chiesa della Bassanella
Dipinti del nostro concittadino Adolfo Mattielli, in cui si riproduce la leggenda del Santuario
Don Fiorente Castagnedi
1896
Antico è l'Oratorio di S. Martino nel Borgo Braglio S. Matteo in Soave: è probabile ch'esso sia stato «retto nel secolo XV dai Conti Verità quando ivi presso innalzarono il loro palazzo. Nel fine del secolo XVII passò ai Conti Giusti di S. Vidal di Verona, ma la piccola chiesa, che avea la porta sulla strada comune, era ornai tutta rovinata. Il Conte Cesare, il 9 Luglio 1708, si rivolse a Mons. Giovanni Francesco Barbarigo Vescovo di Verona, perché gli concedesse la licenza di poterla in forma decente ristaurare, et in essa facendoci celebrare il SS. Sacrificio della Messa, (egli scrisse) riuscirebbe di comodo a me et a molti convicini. Monsignore volle il giudizio di D. Benedetto Rossi Arcip. V. F. di Soave, il quale ai 19 dello stesso mese rispose: In ordine alle commissioni ricevute per comando di Mons. llt.mo et Jdtc.mn Vescovo di Verona, ho veduto et considerato la suplica presentata dal Nob. Sig. Conte Cesare Giusti qui annessa, come anco ho visitato l'antico Oratorio di S. Martino, che e tutto dirocato et senza coperto, da molti anni caduto, et abandonato, esistente in contrà del braglio ne' beni del suddetto Sig. Conte, et vicino alta sua casa; onde vollendo esso Sig. Conte risarcirlo et fabricarlo, io giudico che sarà una molto buona et santa, perché cosi sarà ridoto nel pristino stato l'Oratorio a gloria d'Iddio, e vi si potrà dir la S.Messa per comodo di esso Sig. Conte hora avanzato in età, e reso assai impotente a caminare. et ecc. (1). Il Conte Cesare poi, riedificata la chiesa, con suo testamento 1741, atti Soriati, la dotò di una Messa festiva ed una al Mercoledì in perpetuo. Nell'anno 1746 la chiesa, con il palazzo e l'attigua campagna, venne in proprietà del Conte Andrea Frigimelica-Roberti di Padova con tutti gli aggravi; ma per poco tempo, che nel 1751 passarono i detti stabili colla chiesa in possesso del Sig. Giov. Battista Tommaselli, il quale investi suo figlio Giuseppe chierico della Cappellania quale titolo sacerdotale. Il detto Gio Batta Tomniaseili donò all'Archivio musicale della Parrocchia due codici, in tutta pergamena, di musica sacra del secolo XIV. o XV. Sembra appartenessero ai P. P. Benedettini. Ai primi di questo secolo i Tommaselli per dissesti famigliari dovettero cedere il palazzo, e l'unita campagna, rimanendo tuttavia padroni dell'Oratorio; ma rimase insoluto il legato del Conte Giusti, e la chiesa abbandonata a se stessa, per cui, precipitato il tetto, ritornò nella rovina in cui era un secolo prima. D. Giuseppe Tommaselli suddetto è uno dei personaggi celebri di Soave. Sulla fine dello scorso secolo, quando un immenso impulso presero le scienze, egli non fu freddo a quel movimento, e sorse fra i primi a seguire le nuove teorie naturali. I nostri colli vulcanici e specie Boniolo e Zoppega, selciosi e calcarei, che racchiudono molti petrefatti con echinetti, pettiritti ed osteoliti gli diedero motivo a stampare dei lavori di storia naturale, ed anche sui fossili del Bolca. Socio eom'era dell'Accademia d'Agricoltura, Arti e Commercio di Verona, ne fu uno dei membri più attivi massime nella naturai disciplina; e passando sopra alle molte sue produzioni pubblicate, voglio accennar solo una sua scoperta, esser, cioè, stato egli veramente il primo che abbia applicato al tino in fermentazione, già chiuso, il tubo di sicurezza pescante nell'acqua, di cui si fece bello tra i francesi Gerueis, ed al quale, pur troppo, parecchi italiani tributaroro incenso. Ricordo anche il suo Catalogo delle lapidi raccolte dal Maffei nel Museo Filarmonico di Verona. Nella rovinata chiesa di S. Martino, sul pavimento, esiste la pietra sepolcrale della famiglia Giusti senza epigrafe, e solo è scolpito lo scudo dei detti Conti cimato dalla corona comitale, e l'arma scalpellata. Sopra l'altare, mezzo crollato, si legge incisa la seguente iscrizione.
D - O - M
DEIPAREQ - VIRGINI
CARMELITANAE
ET - DIVIS - MARTINO
ET - FRANCISCO - A PAVLA
SACELLVM - HOC D……
E Conte Cesare Giusti nel suo testamento volle all'antico titolare del ristaurato Oratorio, fossero aggiunti la B. V. del Carmine, e S. Francesco di Paola, ai quali avea speciale devozione. Sopra l'altare la pala rappresentava la Vergine del Carmine, S. Martino a cavallo col povero, S. Francesco di Paola : opera di Antonio Balestra (Lanceni parte II. pag. 155) La pala è ora distrutta. L'iscrizione dedicatoria fu scalpellati nelle due ultime linee da D. Gaetano Tornamelli ex Minore Osservante; e doveano indicarci il nome del ristauratore, e la data, che tuttavia dalla storia dell'Oratorio conosciamo essere quella dell'anno 1711, quando il Vescovo Barbarigo approvò finalmente il ristauro. Presso questo Oratorio nel secolo passato furono scoperte due iscrizioni romane, riportate inprincipio di questa raccolta.
(1) Dall'Archivio della Curia Vescovile di Verona
Don Silvio Grigolini nelle sue ricerche localizza questo Oratorio come Chiesa del Palazzo di via S. Matteo, Verlato ora Cestonato.
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DI DON FIORENTE CASTAGNEDI del 1898
<< Questo devoto santuario è nella contrada della Bassanella, che fa parte del popoloso Borgo Bassano a settentrione della terra murata. La prima chiesa, antichissima, risaliva al primo secolo dopo il mille e la sua dedicazione fu fatta l'anno 1093. Cinque anni dopo, cioè il 1103, era soggetta ai Benedettini del monastero di S. Nazaro di Verona; e, per Breve del 1154. Adriano IV confermava loro la giurisdizione sopra di essa. (1 Biancolini Chiese T I p. 272 e T.V: part. II p.58)
I Benedettini mandavano un cappellano, da essi eletto, ad ufficiarla e ad amministrare i suoi beni, ciò durò fino al 1443. In questo anno la Badia dì S. Nazaro fu unita da Eugenio IV alla Congregazione di Santa Giustina di Padova: e l'anno 1444 Marziale da Soave fu primo Abate destinato dalla suddetta Congregazione nella Cattedra di S. Nazaro. I Monaci di S. Giustina erano Olivetani diramati dal primitivo tronco dei Benedettini. Questi tennero la giurisdizione sopra la chiesa della Bassa nella fino al cadere della Repubblica Veneta. Dai primi anni di questo secolo il Rettore della chiesa viene nominato dal Vescovo ed approvato dal Governo Egli ha l'obbligo di coadiuvare il Parroco nella cura, delle anime.
L'anno del colera 1836 per voto degli abitanti e collette spontanee, si diede principio ad edificare l'attuale Santuario con disegno e direzione dell'ingegnere Antonio Zanella, e nel 1838 fu terminata la fabbrica. Cosi l'antichissima Chiesetta andò distrutta quasi del tutto. Di essa si conservarono solo alcuni monumenti: l'iscrizione dedicatoria dell'anno 1098, alcuni bassorilievi che rappresentano S. Zeno, S. Antonio Abate, S. Lorenzo, S. Benedetto, S. Scolastica, ed un Crocefisso, giudicati del 1300; un affresco colle immagini di S. Benedetto e S. Scolastica ben conservato e duo coppe, o scodelle di marmo murate nell'interno della parete frontale. I devoti vi immettono la testa pregna io per guarire dal mal di capo. — Esse erano murate nell'antica facciata, come si veggono in altre chiese di quel secolo. Nella Cappella maggiore sopra l'altare entro una sfera raggiata, in nicchia ad arco vi è la statua della Madonna, quasi a mezza persona, col Bimbo, con colonnette a spira di stile rozzo. La statua della Vergine originale era a tutta persona, e forse tutto d'un pezzo colla nicchia. Nel 1836 l'Archit. Ing. Zanella, per adattarla alla sfera da lui disegnata nel centro dell'altare, la fece segare nella parte inferiore, di cui rimangono le tracce, e testimoni viventi l'attestano. Le due teste, credute da alcuni di marmo pario. per la lucentezza della tinta data sopra di esse, sono pure di tuffo. Il corpo della statua guasta forse dal tempo, fu riformato nelle parti mancanti con cemento a sasso e cotto; ed il manto della Vergine e del Bimbo erano in antico dipinti, come appare dalle tracce sotta la tinta ultimamenta data.
Racconterò la leggenda popolare dell'apparizione della Madonna nella vicina Valle di Ponsara dalla quale vuolsi abbia avuto origine questo santuario. — Un villanello stava pascolando le sue vacche quando gli apparve una bellissima Signora tutta circondata da vivo splendore, la quale avvicinatasi gli disse : va dal parroco, e digli, a mio nome, che venga qui che gli voglio parlare. Il villanello intimorito si scusava dicendo, che dovea condurre le sue bestie a beverare. Cui la Signora rispose: per questo ci penso io, e messa la sua destra nel macigno quivi presso, scaturì subito acqua ini tanta abbondanza, che le vacche corsero a bere al nuovo rigagnolo, che scorreva giù per la valle. Va ora, gli disse, che custodirò io le tue bestie. Il ragazzo corso dal parroco, gli raccontò l'apparizione della Madonna, e ciò che gli avea ordinato di riferirgli; ma questi, stimatolo un visionario si rifiutò di andare. Ripresentatosi alla Signora questa lo manda di nuovo con minaccia se non avesse obbedito al comando inviatogli per quel semplice uomo. Sorrise il parroco a questo minaccioso comando credendolo una invenzione del supposto messo. Alla terza ambasciata poi impensierito, si mosse e andò per vedere quanto vi fosse di vero. Oh sorpresa ! scomparsa era la bella Signora, ed invece vide una statua della Vergine col suo Bimbo in braccio sopra la fonte allora scatturita. Si sparse nel popolo il. fatto prodigioso, e con solenne processione si trasportò la statua nel sito dove ora c'è la Chiesa, e postala colla faccia a mezzogiorno, alla mattina la trovavano rivolta da se a settentrione, verso cioè alle montagne di Badia Calavena, dalle quali, dicesi, essere partita.In seguito venne eretta, una piccola chiesa, alla quale concorrono con gran divozione i paesi circonvicini. Prova ne sono le tavolette votive e le grucce appese alle pareti per grazie ricevute.Alla fonte prodigiosa nei secoli passati venivano molti ad attingere l'acqua che portavano alla proprie case per devozione: essa scaturisce tuttavia copiosa. Questa è leggenda, non istoria; ma la leggenda ha origine il più delle volte da qualche fatto storico, ed ha un fondo di verità. E la nostra pure passò per tradizione costante per ben otto secoli nel nostro popolo, tradizione veneranda passata di bocca in bocca e quindi senza dubbio giunta a noi ravviluppata in rozze verisomiglianze.Nei campi sottoposti a questa chiesa, esiste un sepolcreto romano, della dimensione di tre ettari circa. Fu manomesso più volte negli scavi per le piantagioni di viti, e vennero alla luce molti frammenti di vasi sepolcrali, monete, ed un piccolo pavimento a mosaico, che i villici distrassero ed anche una tomba io muratura con vasi, lucerne, e nelle pareti pitture, fra le quali una figura muliebre di vivi colori, forse una qualche divinità pagana, o il ritrailo di donna defunti. Creduta dai villici immagine di Madonna, la rispettarono, ma esposta alle acque ed ai ghiacci dell'inverno, andò in deperimento. >>
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